Giro del Marguareis, trekking di tre giorni sulle Alpi Cuneesi
Una lunga e emozionante escursione di tre giorni nel cuore del Parco Naturale del Marguareis, l’area carsica alpina più vasta e famosa del Piemonte.
Difficoltà escursionistica: T3Vette raggiunte: Cima Nord di Serpentera (2358 m), Cima delle Saline (2612 m)
Dislivello salita: 4050 m
Lunghezza percorso: 50 Km
Sommario
Introduzione
Da molto tempo desideravo percorrere un itinerario di più giorni che mi permettesse davvero di entrare in contatto con lo spirito della montagna. Il poco tempo a disposizione mi ha sempre costretto a compiere escursioni in giornata o, al massimo, di un paio di giorni: bellissime avventure che però non permettono di staccare davvero dalla quotidianità. Approfittando quindi del clima mite di ottobre e concedendomi un paio di giorni di ferie ho potuto realizzare questo piccolo sogno. Sono felicissimo di poter condividere l’esperienza con l’amico Carlo: percorrere tanta strada in piena solitudine potrebbe essere difficile e la compagnia di un amico ormai fidato non potrà che farmi bene.
La scelta della destinazione non è stata semplicissima in quando le variabili da considerare erano molteplici: il clima, i pochi giorni a disposizione, l’apertura dei rifugi e le caratteristiche ambientali desiderate non rendevano facile la ricerca. Il Marguareis ci è sembrato un compromesso ottimale in quanto era in grado di soddisfare la maggior parte delle nostre esigenze. L’altopiano è infatti situato a una quota di 2000m ed è percorso da numerosi sentieri escursionistici ben tracciati e documentati. Sono inoltre presenti numerosi rifugi utili sia come appoggio che per il pernottamento e c’è la possibilità di integrare l’itinerario “ufficiale” con alcune ascese in vetta, opportunità che avremmo poi valutato in base alle nostre condizioni fisiche.
In questa relazione voglio raccontare la mia esperienza, il mio Giro del Marguareis, senza soffermarmi troppo sulle indicazioni geografiche. Sul sito ufficiale delle Alpi Cuneesi è possibile reperire tutte le informazioni necessarie per affrontare questo trekking, compresi i tracciati GPX da caricare sul vostro dispositivo GPS e tutti i contatti dei rifugi presenti. Ufficialmente il percorso prevede 5 tappe che iniziano e terminano sempre da un rifugio convenzionato, più una sesta tappa che però è una variante sostitutiva (noi abbiamo deciso di ignorarla per mancanza di tempo). Di per sé le singole tappe non richiedono una giornata piena di cammino e possono quindi essere facilmente combinate in base alla propria disponibilità di tempo e alla preparazione fisica.
Giorno 1, dal Pian delle Gorre al Rifugio Mondovì Havis De Giorgio
Dopo aver raggiunto in automobile il Pian delle Gorre nel tardo pomeriggio di venerdì 4 ottobre abbiamo deciso di pernottare presso il rifugio in modo da poter affrontare le prime due tappe del percorso nella giornata di sabato. Questo ci ha permesso di iniziare la fase di cammino totalmente riposati e di ambientarci a un territorio a noi completamente sconosciuto. La cena al rifugio, davvero ottima e abbondante, e la cordialità della proprietaria ci hanno subito fatto sentire a nostro agio.
Dopo aver preparato gli zaini e degustato una confortevole colazione ci mettiamo in cammino posando per la prima volta i nostri piedi su queste montagne. Le indicazioni sono fin da subito molto evidenti: ogni cartello CAI, oltre alle classiche indicazioni, riporta un esplicativo bollino con il logo del Giro del Marguareis. Saliamo subito nel fitto bosco in direzione del Pian del Creus lungo il sentiero H6 e dopo poco più di mezzora di cammino raggiungiamo una radura erbosa dove ci concediamo una brevissima sosta. La temperatura sembra molto meno rigida del previsto e possiamo quindi procedere con abbigliamento leggero, i primi raggi di sole sembrano proprio volerci raggiungere in breve tempo.
Rientriamo nuovamente nel fresco bosco e cerchiamo di ammirarne la bellezza, di coglierne la tranquillità. Il periodo autunnale è forse il più adatto per vivere questo ambiente per la varietà di colori che è in grado di offrire e anche questo fattore può essere rilevante nella scelta del momento in cui affrontare un trekking. Raggiungiamo il Gias Madonna a quota 1652m e scopriamo che il termine “gias” è utilizzato per indicare quelle che nel bresciano sono le malghe. Si tratta infatti di una struttura in muratura che serve come punto di appoggio per le attività legate alla pastorizia in alpeggio. Rispetto alle nostre malghe quello che si nota è un utilizzo di materiali differenti: le porte e le finestre sono in metallo invece che in legno, i tetti in lamiera invece che in legno rivestiti coi i coppi. Piccoli dettagli che probabilmente derivano da differenze nella possibilità di reperire i materiali necessari per la costruzione degli stessi.
Il sentiero da qui compie un traverso perdendo leggermente quota per poi salire nuovamente attraverso il bosco: è il primo tratto davvero ripido della giornata e siamo finalmente felici di assaggiare la salita. Incontriamo anche due simpaticissimi anziani locali che vagano per il bosco alla ricerca di funghi e ne approfittiamo per una breve chiacchierata. Ci raccontano che in questa vallata la neve ha superato anche i 10 metri di altezza e che abbiamo scelto un bel periodo per visitarla. Dopo aver superato il bosco raggiungiamo un dosso erboso da dove possiamo finalmente intravedere il Rifugio Garelli, punto di arrivo della prima tappa. Dopo aver attraversato un paio di torrenti raggiungiamo il Vallone di Sestrera e risaliamo il ripido pendio erboso fino a congiungerci con un altro sentiero che sale sempre dal Pian delle Gorre al rifugio, meta che raggiungiamo poco prima dell’ora di pranzo.
Ci concediamo una pausa di circa mezz’ora senza però degustare un pranzo completo. Abbiamo deciso di ottimizzare il nostro piano alimentare per minimizzare gli effetti della digestione e ciò prevede di consumare snack leggeri durante la giornata (barrette energetiche, frutta secca, crackers, ecc.) e di recuperare poi le calorie spese durante la cena. Ciò ci consente inoltre di ottimizzare anche i costi in quanto pernottando in mezza pensione la cena a la prima colazione sono incluse. Al Rifugio Garelli consumeremo soltanto un caffè caldo resistendo alla forte tentazione di una fetta di torta. La tappa che ci attende nel pomeriggio è, almeno sulla carta, decisamente breve e poco impegnativa: durante la pausa cerchiamo quindi di capire come renderla più interessante con un’ascesa in vetta individuando come meta Cima Serpentera.
Ci incamminiamo verso nord seguendo il segnavia H8 che risale un vallone dall’aspetto decisamente più alpino. Il sentiero costeggia infatti una pietraia e si sviluppa su erba e roccette con una pendenza comunque sempre moderata e piacevole. Raggiunta la sella di Porta Sestrera decidiamo di abbandonare il percorso segnato per risalire la dorsale erbosa di Cima Serpentera alla nostra sinistra: si tratta di una vetta morbida e prativa costituita da tre sommità con una quota massima di 2358m. In vetta troviamo sorprendentemente un diario custodito all’interno di un contenitore di plastica, possiamo quindi apporre la nostra prima firma e lasciare un segno concreto del nostro passaggio.
Dalla vetta individuiamo un piccolo laghetto e decidiamo di scendere senza percorrere una traccia segnata per raggiungerlo visto che abbiamo comunque molto tempo a disposizione. Orientarsi su questo territorio sembra molto semplice data la totale assenza di ostacoli. Una volta raggiunto il laghetto ci accorgiamo della presenza di un Gias e possiamo quindi seguire una comoda mulattiera che ci ricondurrà rapidamente al sentiero con bollatura CAI abbandonato in precedenza. Abbiamo perso leggermente quota rispetto al passo, metri che ora dobbiamo guadagnare nuovamente per raggiungere lo stretto passaggio di Porta Biecai. Qui ci attende l’ultimo tratto del percorso che si sviluppa in discesa lungo la valletta del Rio Ciappa. Tagliamo il prato con un lungo traverso in discesa verso destra e scendiamo rapidamente verso il Rifugio Mondovì Havis De Giorgio, meta finale della nostra giornata.
Ci accomodiamo con molta calma concedendoci subito una rigenerante doccia calda seguita da un breve riposo. Abbiamo bisogno di recuperare gran parte delle calorie consumate durante la giornata e pertanto non prestiamo troppa attenzione alla dieta. Porzioni abbondanti di pasta al pomodoro, fonduta e polenta ci consentono di appagare pienamente corpo e anima. Una fetta di torta e una buona grappa creano le condizioni necessarie per coricarci a letto poco dopo le nove di sera, un orario davvero insolito per me ma che rispetta pienamente i ritmi tipici della vita in montagna. Chiudiamo la giornata con 2 tappe percorse, 13 km totali e 1500 m complessivi di ascesa. Siamo perfettamente in linea con quanto pianificato, la stanchezza per ora non è eccessiva e l’umore è decisamente alto.
Giorno 2, dal Rifugio Mondovì Havis De Giorgio al Rifugio Don Barbera
Il secondo giorno inizia nel migliore dei modi grazie a una notte di profondo sonno. Fisicamente mi sento fin da subito molto bene, non ho alcun tipo di dolore e sono quindi pronto ad affrontare al meglio quella che sarà l’ascesa più significativa dell’intero itinerario. Anche Carlo sembra in ottime condizioni e posso leggere chiaramente nei suoi occhi il desiderio di vivere un’altra giornata in montagna a fare quello che più ci piace: camminare, salire in vetta e scattare qualche fotografia da condividere.
Non ci facciamo mancare nulla a colazione: una grande tazza di caffè amaro, fette biscottate, pane, burro e marmellata in grande quantità. Ci mettiamo in cammino pieni di energia seguendo le chiare indicazioni per il Passo delle Saline. Il percorso si sviluppa inizialmente su un’ampia e comoda carrabile pianeggiante, superiamo un ponticello e poi iniziamo una leggera salita con un paio di tornanti in successione che ci consentono finalmente di prendere quota. Prestando attenzione alle indicazioni usciamo dalla carrareccia per immetterci nel sentiero che porta al passo, percorso che stacca in modo deciso sulla destra e che divenne più stretto e impegnativo. Superiamo una balza rocciosa e raggiungiamo un pianoro dove proseguiamo seguendo la bollatura bianco-rossa, non sempre evidente.
Il cielo anche stamattina è privo di nuvole e possiamo ammirare alla nostra destra quella che sarà la meta principale della giornata: la Cima delle Saline. Notiamo subito un escursionista che sta affrontando i primi metri della salita e questo ci fornisce il giusto stimolo per accelerare il passo e per dare tutto, alle energie richieste per affrontare la discesa penseremo più tardi. Affrontiamo l’ultimo tratto che ci conduce al passo con foga ed entusiasmo risalendo rapidamente il ripido sentiero su pendio erboso, interrotti soltanto da una breve chiacchierata con un cacciatore locale al quale chiediamo delle informazioni sulla fauna presente in zona. Giunti al passo dopo poco più di un ora dalla partenza è il momento di una breve pausa per riprendere fiato e bere un sorso d’acqua. Il segnavia A44 per l’ascesa in vetta parla chiaro, dovremo affrontare un’ora abbondante di cammino in forte pendenza, non sarà una rilassante passeggiata.
Carichi di energia (la colazione inizia a farsi sentire) iniziamo a risalire il pendio percorrendo alcuni tornanti in successione su un percorso prevalentemente costituito da terreno friabile e roccette. Dopo una decina di minuti di cammino il sentiero sembra degradare leggermente concedendoci di rifiatare, illudendoci che le fatiche siano finite ma non è così. Riprendiamo a salire più faticosamente seguendo una traccia poco visibile e transitando prevalentemente su detriti, roccette e sabbia. La pendenza è notevole e il terreno sempre più scivoloso, avanziamo rapidamente alimentanti dall’entusiasmo di raggiungere la vetta e la fatica sembra pian piano svanire. Il sole è ormai alto nel cielo e un fresco venticello sembra volerci aiutare, asciuga le gocce di sudore dal nostro viso e ci mantiene svegli e attenti. Superiamo gli ultimi passaggi di I grado in prossimità della vetta aiutandoci con le mani dove serve e raggiungiamo finalmente l’ampia sommità.
Il panorama che ci troviamo di fronte ci ripaga di ogni sforzo: intorno a noi possiamo osservare le montagne del Marguareis tra cui spicca la vetta principale, Punta Marguareis, oggetto dei nostri desideri che purtroppo non si concretizzeranno a causa delle condizioni meteo (lo vedremo meglio in seguito). Alcuni escursionisti che ci raggiungono in vetta ci aiutano a distinguere le montagne in lontananza: con i suoi 3297m il Monte Argentera è ben visibile e le condizioni meteo favorevoli ci permettono di intravedere anche le vette più alte dalla Valle d’Aosta come il Cervino e il Monte Bianco. La vera sorpresa però ci attende dal lato opposto dove possiamo chiaramente intravedere la brillante superficie del mare: per me si tratta di una prima volta, non avevo mai immaginato di poter osservare uno specchio d’acqua così ampio dalla sommità di una montagna e l’emozione per questa apparizione è decisamente intensa.
Ci concediamo una pausa per scattare qualche fotografia al panorama e alle due croci di vetta, la prima posizionata sulla sommità e la seconda più in basso. Da quest’ultima possiamo anche osservare in lontananza il rifugio Mondovì dove abbiamo pernottato, davvero una bellissima struttura gestita in modo impeccabile. Dobbiamo rimetterci subito in cammino perché questa deviazione ha allungato decisamente la nostra prima tappa della giornata, affrontiamo pertanto la discesa in modo garibaldino raggiungendo rapidamente il passo. La fatica per l’ascesa inizia a farsi sentire fin dai primi metri di discesa, dobbiamo pertanto procedere con calma per riposare le ginocchia assecondando il percorso che scende dolcemente lungo la vallata. Ci concediamo una breve sosta nei pressi di un Gias abbandonato per poi proseguire la discesa fino a raggiungere il Rifugio Bossi dove approfittiamo della disponibilità dei gestori per degustare una fetta di crostata e per riempire le borracce d’acqua.
Il clima qui è completamente differente, siamo scesi a circa 1500m e il caldo inizia a farsi sentire. Non siamo evidentemente abituati a queste temperature e il nostro organismo ne risente, l’energia sembra improvvisamente venir meno e dobbiamo pertanto prendere una decisione: saltare il passaggio al Rifugio Mongioie. Questa deviazione non avrebbe aggiunto nulla di nuovo al nostro tour in quanto non avevamo comunque intenzione di fermarci per il pranzo, avevamo deciso di effettuarla soltanto nel caso in cui non fossimo riusciti a raggiungere Cima delle Saline. In questo modo dovremmo poter risparmiare circa 6-7 km di cammino compensando la fatica dell’ascesa in vetta e risparmiando energie per la tappa finale.
Dopo una mezzora di sosta all’ombra degli alberi decidiamo di riprendere il cammino e raggiungiamo il piccolo centro abitato di Carnino inferiore (forse sarebbe meglio definirlo centro disabitato) dove troviamo le chiare indicazioni per il Rifugio Don Barbera. Nel frattempo abbiamo perso decisamente quota e ci attendono circa 800m di dislivello positivo da affrontare. Cerchiamo di ritrovare energie e buon passo rifocillati dall’aria fresca finalmente presente nel fitto bosco che ci troviamo ad attraversare. La vegetazione man mano si dirada nuovamente e possiamo quindi ammirare il bellissimo Vallone di Carnino: in lontananza possiamo osservare la suggestiva Gola della Chiusetta che raggiungeremo dopo un’ora di buon passo. Dopo un tratto pianeggiante lungo un bell’altopiano il sentiero riprende a salire lungo il Vallone dei Maestri fino a raggiungere il Rifugio Don Barbera, meta finale della nostra giornata.
Siamo stanchi ma abbiamo completato con successo le tappe previste del tour e raggiunto una bella vetta, possiamo pertanto rilassarci con una doccia calda e del buon riposo prima di cena. Anche qui le porzioni risulteranno abbondanti e l’ambiente da baita di montagna (con tanto di stufa a legna) contribuirà a favorire il nostro recupero fisico e mentale. Chiudiamo la giornata con 2 tappe percorse, 16 km totali e 1650 m complessivi di ascesa. Purtroppo su tempi e distanze le indicazioni sono approssimative in quanto ho impostato il GPS sul livello più basso di precisione per risparmiare batteria, il valore indicato fornisce comunque una misura attendibile della distanza e dell’impegno richiesto per affrontare questa avventura. Ci corichiamo poco dopo le nove osservando le nuvole che ormai coprono interamente il cielo, ignari della sorpresa che ci attenderà al mattino.
Giorno 3, dal Rifugio Don Barbera al Pian delle Gorre
Ci siamo lasciati alla fine del secondo giorno con un cielo nuvoloso e con le previsioni meteo, consultate prima della partenza, che annunciavano pioggia. Il risveglio però ci lascia decisamente senza parole: dopo una notte di vento forte e bufera ecco comparire la neve. Il paesaggio che ci circonda è magnifico ma dentro di me sale l’ansia per le difficoltà che incontreremo e la delusione per la vetta che molto probabilmente non potremo raggiungere. Non che questo rovini in qualche modo la bella avventura vissuta fino a questo momento, potremo comunque completare il nostro lungo trekking godendo di un paesaggio inaspettatamente invernale.
Carlo è in estasi e la presenza della neve non sembra aver scalfito i suoi piani di conquista: mi convince ben presto a tentare l’ascesa nonostante l’equipaggiamento inadeguato (scarpe da trekking e mancanza di ramponi da neve). Dopo una colazione abbondante mi lascio alle spalle le preoccupazioni e attacco il sentiero cercando di seguire la bollatura presente sui paletti in legno e qualche omino in pietra posizionato lungo il percorso. La nebbia diviene sempre più fitta e l’orientamento sarà ben presto il problema principale: la neve lungo la salita sembra sempre più soffice e il suo spessore supera abbondantemente i dieci centimetri ma la vera sfida è capire dove andare. Come annunciato dal gestore del rifugio ci troviamo di fronte alla totale assenza di indicazioni: non conoscendo il territorio è impossibile pensare di proseguire, decidiamo pertanto di tornare indietro sfidando il fortissimo vento che più volte tenta di spingerci a terra.
Non siamo delusi per la vetta mancata, purtroppo non potevamo razionalmente agire in modo differente e salire per ritrovarsi nella nebbia non ci avrebbe comunque permesso di osservare il panorama. Ci promettiamo di tornarci prima o poi, magari in un periodo più favorevole, e di completare la missione. Raggiunto nuovamente il rifugio per notificare la nostra presenza, ci concediamo un rapido caffè e riprendiamo il cammino. Ci attende una lunga cavalcata in quota prima di iniziare la discesa e il rischio maltempo è ancora presente. Raggiungiamo il soprastante Colle dei Signori dove troviamo le indicazioni che ci invitano a proseguire verso destra lungo una comoda ma innevata mulattiera. Decidiamo di accelerare il passo per guadagnare rapidamente quota, superiamo con attenzione alcuni passaggi tra le rocce fino a incrociare la carrareccia militare che sale alla nostra sinistra. Proseguiamo su di essa in leggera salita fino a raggiungere, dopo circa mezz’ora di cammino dal colle, il Plan Ambreuge.
Qui ignoriamo erroneamente le indicazioni e proseguiamo per una ventina di minuti nella direzione sbagliata: fortunatamente ci rendiamo ben presto conto della mancanza di una bollatura e decidiamo di tornare indietro fino all’ultimo paletto con cartelli. Seguiamo le indicazioni che ci invitano a risalire il crinale erboso alla nostra destra e, giunti a un bivio, proseguiamo verso sinistra in direzione Colla Piana di Malaberga. Inizialmente avevamo deciso di affrontare il Passo Scarason per accorciare il rientro dopo la salita in vetta, avendo però evitato quest’ultima e trovandoci in condizioni di scarsissima visibilità preferiamo invece proseguire sul sentiero meno esposto e pericoloso. Una scelta che si rivelerà assolutamente valida e molto remunerativa a livello paesaggistico.
Dopo un tratto pianeggiante il sentiero riprende a salire fino a raggiungere il Col des Schistes dove inizia un tratto in discesa attraverso la zona carsica dello Chevolail. Incontriamo nuovamente la mulattiera militare in prossimità di un incrocio e decidiamo di concederci una breve pausa. Il cielo sembra finalmente volerci concedere qualche macchia azzurra, ne approfittiamo per scaldarci e per scattare qualche fotografia. Riprendiamo la salita fino a raggiungere finalmente il Colle Piana di Malaberga, valico alpino posto a 2219m che ci conduce in un ambiente decisamente meno innevato. Seguiamo la mulattiera che lambisce la suggestiva Capanna Morgantini e affrontiamo la prima piacevole discesa della giornata. Il panorama intorno a noi è straordinario e l’emozione per la meraviglia che ci circonda sembra cancellare la fatica e la tensione del difficile tratto innevato affrontato fino ad ora.
Lasciamo che sia la strada a condurci a valle, sempre comoda e priva di difficoltà tecniche. Il caldo sole di mezzogiorno ci accompagna nella conca pascoliva sede del Gias dell’Ortica dove possiamo osservare alcune marmotte. Ci concediamo finalmente una pausa più lunga per ricaricarci con frutta secca e qualche snack, riprendiamo fiato e dopo una ventina di minuti ci incamminiamo verso il leggendario Passo del Duca, ultimo ostacolo da superare prima di iniziare la lunga discesa finale. Lo conquistiamo rapidamente e senza grosse difficoltà, il nostro corpo risponde ancora benissimo agli sforzi e l’entusiasmo è ai massimi livelli. Siamo consapevoli che l’avventura sta volgendo al termine e vogliamo dare tutto ciò che ci rimane, al riposo penseremo nei prossimi giorni.
Superato il valico scendiamo verso il Colle del Prel e da qui proseguiamo lungo la carrabile ex. militare che scende la vallata con ampi tornanti. Dove possibile cerchiamo di tagliare il percorso per abbreviarlo in quanto esso risulta noioso: la pendenza in discesa è minima e sembra praticamente di non scendere. Non ci rimane quindi che accelerare il passo e prepararci a una lunga camminata, fortunatamente priva di difficoltà tecniche. Raggiungiamo finalmente il bosco e i suoi bellissimi colori autunnali, superiamo il Gias degli Arpi e proseguiamo la discesa fino all’impluvio del Vallone del Saut. Superiamo il torrente grazie a un ponticello in legno e raggiungiamo la strada sterrata proveniente dal Pian delle Gorre che seguiamo fino a raggiungere il rifugio.
Siamo giunti al termine del nostro lungo viaggio e la fame inizia a farsi sentire. Salutiamo la simpatica gestrice del rifugio e ci concediamo una bella merenda mentre i nostri smartphone si riagganciano dopo ore di silenzio radio alla rete. Il nostro Giro del Marguareis si è appena concluso e con esso tre giorni di tranquillità e di lontananza dai piccoli problemi quotidiani che ci assillano e che spesso sembrano ben più grandi di quello che sono. L’ultima tappa si è rivelata davvero sorprendente e abbiamo percorso circa 20 km totali con 900 m complessivi di ascesa, un bottino che si aggiunge a quello dei giorni precedenti e che personalmente mi restituisce una nuova consapevolezza dei miei mezzi. Ora so che posso affrontare un trekking di più giorni percorrendo ben 50 km con un pesante zaino sulle spalle, ce l’ho fatta.
I giorni seguenti, considerazioni finali
Dopo il rientro in automobile e una nottata trascorsa nella comodità del letto di casa è giunto il momenti di qualche breve considerazione finale. Senza dilungarmi troppo posso sicuramente affermare che un trekking di più giorni consente davvero di vivere la montagna in modo intenso e di staccare completamente dalla vita di tutti i giorni. Le ascese in giornata sono comunque splendide ed è quello che purtroppo possiamo concederci a causa del poco tempo a disposizione: difficilmente però regalano emozioni così intense perché esse vanno a depositarsi su un terreno che non è mai sgombro da preoccupazioni, pensieri negativi e complicazioni tipiche dello stile di vita dei nostri tempi.
A livello fisico l’impegno richiesto per affrontare un itinerario come il Giro del Marguareis è notevole, serve una buona preparazione e una certa esperienza in montagna. Personalmente non ho riscontrato problemi muscolari o articolari, avevo già un forte fastidio alla spalla destra e purtroppo tale è rimasto. Quella che ho notato nei giorni successivi è una stanchezza fisica generalizzata che pian piano però è andata svanendo grazie ad una giornata di completa astensione dall’attività fisica e a un graduale recupero attivo con attività in palestra e una corsa leggera. Poter affrontare una nuova salita il weekend successivo mi ha dato ulteriore fiducia in me stesso e consapevolezza della buona condizione fisica generale raggiunta durante questa stazione.
L’obiettivo è sicuramente di inserire un itinerario di più giorni anche durante la prossima stagione escursionistica, magari la tanto desiderata Alta Via dell’Adamello (sentiero numero 1) di cui spesso sento parlare e che ho percorso solo parzialmente. Il Giro del Marguareis mi ha dato moltissimo e lo consiglio in quanto può essere affrontato anche nel periodo autunnale, chiaramente dopo aver verificato bene le condizioni meteo e l’apertura dei rifugi. Ci tornerò, magari per salire su Punta Marguareis!